Colonna del Verziere



 

      Colonna del Verziere in Largo Augusto

      Data 27 agosto 1673 inaugurazione - 18 marzo 1860 funzione rinnovata – 1927 sostituzione statua Redentore

      Autore Giuseppe e G. Battista Vismara per la scultura del Redentore

      Epigrafe

      Tipologia: fusto in granito di Montorfano (altezza 21.00 m); statua in bronzo (altezza 3.50 m); piedistallo e trabeazione 
      in pietra di Viggiù (altezza 3.40 m); zoccolo in granito di Baveno e di Montorfano; capitello in pietra d’Oira 
      e pietra di Sarnico; cancellata in ferro battuto

      Ubicazione: Largo Augusto

      Stato conservativo: cattivo

      Restauri: ultimo fine anni ‘80

 Inquadramento del monumento

La Colonna del Verziere, così denominata a memoria del mercato che fino ai primi decenni del secolo scorso si teneva regolarmente in luogo, è collocata in Largo Augusto, alla confluenza di sei vie particolarmente trafficate: da nord via Durini e via Cavallotti, da sud corso di Porta Vittoria e via della Signora, a est via Cesare Battisti e ad ovest via Verziere.
La colonna si innalza come un obelisco nella tradizione del monumento isolato, presente dal Rinascimento fino a tutto l’Ottocento.
E’ circondata da una cancellata in ferro, che delimita un’area di forma quadrata, sorretta da 12 colonnine tonde e con elementi decorativi in rilievo, che ne scandiscono l’andamento. Esse sottolineano il cancello, collocato verso via Verziere, da cui si può accedere al monumento.
All’interno della cancellata si trova una scalinata di pianta quadrangolare, formata da 4 gradini che invitano verso il piedistallo della colonna, contribuendo ad enfatizzare la verticalità del monumento.
Sopra la scalinata si erge, infatti, un basamento di fattezze tardo-barocche che si articola in un doppio ordine.
L’ordine inferiore, che richiama un’ara, è formato da uno zoccolo su cui si imposta un dado con mensole con volute ed elementi decorativi in rilievo, che enfatizzano le diagonali ed aumentano spazialità e plasticità.
Su ogni lato del dado è inserita una targa in bronzo, tra le quali si ritrova un’epigrafe a ricordo dei Caduti delle Cinque Giornate di Milano, datata 1860.
Il primo ordine si conclude con una mensola sporgente su cui poggia un secondo ordine che è il piedistallo vero e proprio della colonna.
Quest'ultimo è costituito da una base e da un elemento superiore.
L’elemento architettonico, a pianta quadrata, è scandito da paraste centrali decorate con volute a motivi antropomorfi (visi di angioletti) ed è sormontato da una cimasa su cui c'è un cornicione sporgente. Su ogni lato del dado sono collocate due targhe bronzee con i nomi dei 352 caduti nelle giornate di lotta. 
La colonna dorica presenta un'accentuata entasi del fusto e base attica. Il capitello è così composto: listello-astragalo-fregio-listello-astragalo-echino-abaco-listello. La trabeazione, inserita tra colonna e statua, piuttosto complessa e di fattezze manieristiche, è costituita da due fasce e da un fregio con la presenza di gocce come nel triglifo. Sorretta da una base si erge la statua del Redentore. Quest'ultima rappresenta il Cristo con la croce, rivolto verso via Larga.
Al momento della mappatura del degrado, il monumento era particolarmente interessato dalla presenza di incrostazioni compatte e diffuse, costituite dalla combinazione di particellato atmosferico e guano, conseguenza del fatto che un numero elevato di piccioni sostavano costantemente all’interno dell’area.
L’opera è costruita con i seguenti materiali lapidei: la scalinata ed il primo ordine del basamento sono in granito rosa di Baveno e granito bianco di Montorfano, il secondo ordine è in Pietra di Viggiù, la colonna è in granito bianco di Montorfano, granito rosa di Baveno, pietra d’Oira e pietra di Sarnico. La trabeazione, inserita tra colonna e statua, è in Pietra di Viggiù.
Per quanto riguarda i graniti si riscontravano situazioni con fenomeni di patologia differenti a seconda della posizione, dell’esposizione e della forma dell’elemento architettonico. I fenomeni di degrado che incidevano maggiormente sullo stato di conservazione, oltre alle incrostazioni compatte e diffuse di cui sopra, erano le rotture e le mancanze, anche di considerevoli dimensioni, che causavano fenomeni corrosivi agli elementi metallici di ancoraggio dei singoli conci lapidei.
Tutte le superfici erano interessate da macchie causate dalla presenza di notevole quantità di ossido di ferro. 
Le pietre a base carbonatica presentavano i degradi che maggiormante compromettono lo stato di consistenza del materiale, quali esfoliazione, disgregazione, erosione diffusa e croste nere.
La statua in bronzo del Redentore, recante una croce in ferro probabilmente trattata, presentava un’incrostazione uniforme, di colore scuro che faceva supporre l’esistenza di un precedente trattamento di finitura.
Il sistema costituito dalla cancellata in ferro e dai relativi pilastrini in granito bianco era interessato da mancanze, rotture, macchie per la sua componente lapidea; corrosione, incrostazione, rigonfiamenti, rotture e mancanze per le parti metalliche.
Complessivamente il monumento versava in cattive condizioni di conservazione.

Principali vicende storiche, da bibliografia

1580

Il 22 Dicembre 1580 la Confraternita della Croce di Porta Tosa, “[…] eseguito il disegno e il modello e fatto il preventivo dell’opera, la quale, compresi gli ornamenti e l’inferriata intorno ad essa, doveva importare più di 500 scudi d’oro”, stipulava una convenzione per la fornitura della colonna che “[…] doveva essere di miarolo bianco di determinata lunghezza e larghezza, da scavarsi nel monte di Baveno […]”. I marmi e le pietre per il basamento, invece, dovevano “cavarsi nei colli di Verano presso Carate di Brianza […]”.
Il collaudo era affidato all’ingegnere Giovanni Battista Lonati ed alcune fonti assicurano che “[…] il celebre architetto Pellegrino Tibaldo dei Pellegrini abbia fatto il disegno e dato le norme per gettare i fondamenti e per l’erezione della colonna” (Ghinzoni, 1887, pag. 90-91).

1581

“Mentre a Baveno e a Verano si lavorava a preparare la colonna e le altre parti dell’edificio, gli scolari […] fecero scavare e fare i fondamenti nel luogo designato” (Ghinzoni, 1887, pag. 92).
“Quando nel 1581 la colonna giunse faticosamente alla Darsena di Porta Ticinese ci si accorse con raccapriccio che la colonna recava sul fusto un foro ovale. Fu subito tappato in qualche maniera […] ancora ai nostri giorni è possibile vedere nel fusto della storica colonna un tassello a forma ellittica […].” (Pellegrino, 1986, pag. 143).

1583

I lavori vengono interrotti dal Gran Cancelliere che “[…] fa spezzare piedestallo, cornice, architrave, base e quant’altre pietre ivi si trovavano […]” per aver infranto il divieto di occupare piazze, strade e qulsivoglia spazio pubblico senza regolare licenza del Giudice delle Strade.

1589

In seguito ai contrastati rapporti tra Stato e Chiesa l’installazione della colonna venne rimandata “[…] in attesa di giorni migliori” e i confratelli “[…] la seppellirono nel luogo medesimo e accanto ad essa le varie parti del piedestallo, cornice, architrave, base e ogni altra pietra, e fecero sospendere a Varano i lavori intorno al capitello appena iniziati” (Ghinzoni, 1887, pag. 98).

1611

Il 9 maggio 1611, sotto la direzione degli ingegneri Aurelio Trezzi e Tolomeo Rinaldi e il capo-mastro Arano, veniva eretta la colonna. Il giorno successivo “[…] la colonna calò abbasso tutto ad un tratto sopra la base, spezzando circa un braccio della collarina. […] fu relativamente lieve il danno recato al piedestallo, il quale nella parte urtata, calò due oncie circa, onde bisognò ripararlo con colarvi del piombo e metterevi dei cunei di ferro” (Ghinzoni, 1887, pag. 120-121).
Nell’ottobre dello stesso anno viene completato e messo in opera il capitello, ritrovato, dopo varie traversie, sotterrato nella vigna di un contadino di Carate.

1673

“Poi bisognò attendere ancora sessant’anni perché la statua del Redentore - scultura di Giuseppe e Giovan Battista Vismara, eseguita su disegno di Francesco M. Richino – vi venisse innalzata alla sommità” (Rossi in Petrantoni, 1997, pag. 217).
“[…] vi si alternarono stancamente i due Richini, padre e figlio, e poi i fratelli Vismara che alla fine riuscirono a collocarvi in cima l’effige di Cristo, da essi modellata. In realtà, a tradurre nella pietra il modello era stato un oscuro scalpellino di porta Nuova, il quale ne ebbe in pagamento 200 lire, cifra che, tolto il costo della manodopera, non consentì l’impiego di altro materiale che non fosse l’effimera e modesta arenaria […] per cui cent’anni or sono fu d’uopo sostituirla con l’attuale copia in bronzo” (Pellegrino, 1986, pag. 143).
“Alcuni scrittori attribuiscono alla scultore Giovanni Battista Vismara l’esecuzione della statua […] i nostri documenti non accennano a ciò, ma figurando il Vismara fra i testimoni presenti al contratto stipulato con il Salvadori” - per la fornitura di un sasso di gepo - “si potrebbe anche ammettere ch’egli abbia messo mano in quel lavoro. […] il Ricchini diresse soltanto i lavori per la collocazione della statua sulla colonna stessa […]” (Ghinzoni, 1887, pag. 129-130).
“L’opera così completata fu inaugurata il 27 agosto 1673 dal cardinale Alfonso Litta alla presenza del clero milanese e di tutte le Compagnie della Croce” (Rossi in Petrantoni, 1997, pag. 217).

1727

Restauro della gradinata, eliminazione dei cancelli in ferro e posizionamento “[…] ai fianchi dei quattro frontali della gradinata, alcune colonnette di vivo” (Ghinzoni, 1887, pag.132-133).

1784

Nel 1784, in seguito alla soppressione delle confraternite, la colonna rischiò di essere demolita per ingombro alla circolazione stradale e invece, come si legge nella relazione dell’architetto Leopoldo Pollack, vennero demolite colonnette, gradini e mensa lasciando la statua sulla sua colonna e piedestallo (Ghinzoni, 1887, pag. 135).

1858

Nel 1858 la “[…] colonna accenna ad inclinare sensibilmente verso la via Durino e pare voglia cadere, quantunche il basamento che la sosteneva e la scalinata fossero in buon essere”.
I periti incaricati “[…] proposero una radicale riparazione, mediante integrale demolizione del monumento” e mano a mano che si smontavano i pezzi della colonna “acquistavasi la certezza che tutte le parti del monumento non erano vincolate fra loro da robuste e lunghe spine, da assi o perni di ferro impiombati. Anche il loro piano d’assettamento si riscontrò lavorato e disposto con regolarità di appianamento. Anzi, siccome la superficie di contatto delle parti sovrapposte le une alle altre era scabra, s’era procurato il regolare combaciamento mediante strati di fino cemento di forte presa. Levata la colonna, al dissotto del suo imoscapo si riscontrarono nella direzione verso tramontana i cunei o biette di ferro irregolarmente disposte. […] si può ritenere che l’inconveniente ebbe origine dalla precipitosa caduta della colonna al tempo della sua erezione: caduta che guastò in piccolissima parte la collarina del piedestallo, subito riparata coi cunei di ferro e colla impiombatura. Il tempo e l’umidità avranno fatto il resto, agendo su quei due metalli in modo da renderli meno resistenti o consumarli in parte, e da qui l’inclinazione” (Ghinzoni, 1887, pag. 142).

1860

“La ricostruzione […] fu ultimata nel marzo 1860” (Ghinzoni, 1887, pag. 144) e la colonna “[…] servì come primo monumento alle 5 Giornate” (Comoletti, 1999).

1861

“[…] furono poste alla base tre grandi tavole di bronzo più otto di minori dimensioni coi nomi dei 352 caduti nelle giornate di lotta […].” (Rossi in Petrantoni, 1997).

Dicembre 1927

Fusione della statua bronzea del Redentore, copia dell’originale in ceppo, realizzata dallo Stabilimento Johnson di Milano (iscrizione sul retro alla base della statua).

Fine anni ‘80

Ultimo restauro del monumento.

Scheda riassuntiva del monumento